Custodire e liberare la speranza

La Speranza sembra essere la grande assente del nostro tempo: altre parole vorrebbero toglierle il diritto di esistere nel cuore di molti. In nome della “Sicurezza” cresce paura e rabbia.

A quanti il “Decreto” lo vivono sulla propria pelle, è tolta la fiducia di poter ancora sperare.
Nel nostro servizio ci misuriamo ogni giorno con tale clima di sospensione e negazione di diritti acquisiti: invece della sicurezza che si voleva far credere, dilaga la destabilizzazione sociale.

Nonostante tutto, la parola Speranza qui è di casa: tutto parla di voglia di vivere, di ricominciare, di riscatto. Nelle nostre giornate si vivono tante fatiche, ma si impara a gioire anche per le piccole cose.
È quanto il 20 febbraio abbiamo condiviso col Vescovo Claudio in visita pastorale, al termine della quale ha lasciato questo pensiero: “Quando sono venuto, ho visto la Grazia di Dio e vi esorto a permanere nella sua Carità. Con un fraterno abbraccio a tutte le ospiti che la provvidenza porrà sulla vostra strada e che ospitate nel vostro cuore e nella vostra casa”.
Liberare la Speranza nel presente apre cammini nuovi in quante, al termine del loro percorso, lasciano questa casa. Nella serata di saluto A. diceva: “Grazie perché voi siete state la mia famiglia e avete riportato il sorriso sul mio volto quando ero nella tristezza”.
La Speranza cresce quando ci accorgiamo di non essere da sole a credere che si può costruire un mondo con meno ingiustizie.

Abbiamo colto l’impegno di congregazioni religiose, associazioni e gruppi nel preparare la veglia dell’8 febbraio per la Giornata Mondiale contro la Tratta e la partecipazione di tanti giovani.

Una di loro scrive:

“L’impegno concreto che mi porto dalla veglia è condividere l’informazione critica su questo argomento con persone ed amici al di fuori della ‘bolla’ di quanti già sensibili al tema.
Eventi come questo dovrebbero essere ‘pubblicizzati’ e raccontati anche al di fuori degli ambienti di fede e di volontariato. Solo così si potrà riuscire a diffondere in tutta la società la cultura della cura degli esseri umani contro la cultura della tratta”.

Risuonavano forti le parole di Etty Hillesum: “L’unica cosa che possiamo salvare di questi tempi, e anche l’unica che veramente conti, è un piccolo pezzo di Te in noi stessi, mio Dio. […] Tocca a noi aiutare Te, difendere fino all’ultimo la tua casa in noi”.
Difendere questa casa in noi e nelle persone che Dio ci affida, questo è il nostro compito per custodire e liberare la Speranza.

a cura di Sr. Gabriella D’Agostino, sfp

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