Nella scorsa estate Progetto Miriam ha aperto le porte ad un’esperienza speciale: “Punti di svista”….
Una settimana un po’ straordinaria, promossa dalla Caritas Diocesana di Padova, che offre ad un gruppo di giovani, provenienti da varie città del Veneto, la possibilità di sperimentarsi in un’esperienza di servizio in diverse realtà di volontariato presenti sul territorio della città. E’ così che abbiamo accolto tra noi tre ragazze, dai 20 ai 25 anni, che con noi e le donne che accogliamo, hanno condiviso una settimana di vita quotidiana, tra laboratorio, piccole attività ordinarie e straordinarie, scuola di italiano, vita fraterna.
E’ stata una bella esperienza, sia per noi di casa sia per le giovani, occasione per arricchirsi vicendevolmente e per conoscere sfaccettature diverse del mondo. Lasciamo voce a loro stesse:
Ho trascorso a Progetto Miriam poco tempo, ma sufficiente per sentire di stare in un luogo famigliare. Certamente ha contribuito a ciò l’essermi sentita accolta con spontaneità e naturalezza fin dall’inizio, ma a pensarci bene credo che la “familiarità” fosse dovuto anche a un altro fattore. Il luogo in cui mi inserivo, infatti, non aveva le caratteristiche di una semplice casa di accoglienza, ma, seppur un po’ originale, assomigliava di più a una famiglia.
Una famiglia aperta all’accoglienza, dove si pranza assieme e si condivide la quotidianità delle pulizie, dei tempi di lavoro in laboratorio e di relax. Questo è l’aspetto che più mi è piaciuto del tempo trascorso a Progetto Miriam.
Devo aggiungere che mi sono divertita a insegnare l’italiano, non avrei pensato che bastasse una cosa semplice, come conoscere la mia lingua, per poter essere d’aiuto agli altri! E naturalmente ho apprezzato il tempo trascorso in laboratorio, come non potevo con la mia passione per i lavoretti artigianali? Ho respirato un bel clima, e non potrebbe essere diversamente, giacché attingete a quel bel Modello che scelse le periferie, la vita accanto ai poveri e soprattutto scelse Cristo! L.R.
Mi è piaciuto molto incontrare persone fino a poco tempo prima sconosciute, che ti aprono le porte di casa, ti spiegano e condividono con te un po’ della loro vita e contano su di te tanto da affidarti qualche ora di insegnamento di italiano o anche solo la pentola del pranzo, è una forte dimostrazione di fiducia, assolutamente gratuita, che mi ha fatto sentire onorata e inserita con naturalezza in quel particolare contesto. In particolare, provare a dare lezioni della mia lingua a persone più grandi di me mi ha fatto riflettere, e mi sono sentita investita di una grande responsabilità: di utilizzare al meglio la ricchezza e la fortuna di avere potuto studiare, condividendola, perché anche altri attraverso la conoscenza della lingua acquisiscano alcuni fondamentali strumenti di libertà e di autonomia. Mi è piaciuto molto anche percepire la sfida e la bellezza di provare a creare il clima giusto per quelle ore di insegnamento: l’impegno reciproco e sottointeso di capire come comunicare e ascoltare al meglio, quella confidenza e quella fiducia che nascono da un incontro gratuito, in cui percepisci qualcosa di prezioso. La cosa più bella che ho riscontrato è stato l’atteggiamento di prendersi a cuore le varie attività e i diversi compiti sempre come possibilità per cercare il bene delle persone: sia delle ragazze straniere, sia delle operatrici, sia delle suore, sia di noi volontarie, con la consapevolezza rasserenante di ciò che è davvero importante e va salvaguardato. Penso siano proprio realtà simili, attraverso la promozione di quest’atteggiamento, a poter dare un contributo essenziale, nel loro piccolo, alla salvaguardia di quella giustizia, di quella dignità e di quella speranza che a volte sembrano così lontane… grazie al progetto Miriam! E.O.